martedì 25 aprile 2017

Musullino

Per il 25 aprile pubblichiamo un racconto
di Gianni Papa

"La Patria è dove nascesti, dove mangiasti e dove morirai". Questo diceva mia mamma, ma io pensavo che la patria fosse solo e unicamente quella che ti dà da mangiare e che ti offre il ventre tremebondo di una donna...

...infatti mi avvicinai all'empia baldracca rattrappita nonché - perdinci! - stesa supina sul letto e l'infilzai - spavaldo - brandendo l'irta colonna.

Ecco. Puro oggi aggio copiato il pezzo di libbro di Pitigrilli. Il resto del seguito lo scrivo domani.

Io voglio scrivere pecchè scrivere mi piace e pe scrivere mi sono messo a copiare e copiando copiando sto imparando a scrivere.

Io sono Peppe e sono il patro di un figlio solo. Mio figlio l'aggio chiamato Giacinto. Musullino non mi a mai voluto bene pecché o fatto un figlio solo. Ma io tengo una moglia sola. Mica sono Musullino che sono pieno di femmine. Io sono una persona normala e non comando.

Musullino dice che la brava moglia deve tenere le corna. Io non le aggio mai messe le corna alla mia moglia.

Ma comuncue io voglio scrivere ora di quando Musullino è venuto a Caserta e io l'aggio conosciuto. E' stato un giorno molto importante per Caserta e Musullino è venuto con il cappotto e la faccia tutta contenta che pareva che diceva: "Io sono Musullino". Non mi è mai piaciato Musullino. È una brava persona e fa arrivare i treni in tempo, tanto che molto spesso io stevo perdendo il treno, ma poi non l'o preso lostesso pecchè o arrivato un minuto tardi e il treno era partito un minuto prima. Perciò io sono andato a Caserta davanti alla Reggia per sentere che cavolo ciaveva da dire.

Qualche volta l'o sentuto alla radio, ma non troppo spesso. Quande volte che l'o sentuto mi è sembre sembrato che fa dormire.

Mo copio un altro pezzo di Pitigrilli che sembra proprio che parla di Musullino.

Aveva gli occhi di ghiaccio. Quando entrava in una stanza, sembrava che tutto si fermasse intorno a lui. Che anche le mosche smettessero di volare.

Mia moglia dice che Musullino è bello. Ogni volta che io dentro al letto non ce la faccio a fare quelle cose là lei dice: "Io ti lascio e mi sposo a Musullino". E io dico: "Rosa, ma Musullino non tiene i capelli". E lei mi dice: "Musullino tiene gli occhi che ti spiano fino dentro alle cotolette del fegato. Musullino è bello e vuole bene alle donne. Musullino è grande e buono. Musullino è molto inteliggente e molto bravo".

Io non sono daccordo con queste cose. Io penzo che Musullino è un chiattone e uno che non tiene i capelli.

Perciò - quando Musullino è venuto a Caserta e anno costruito questo grande grande palco scenico e tutta la gente era in mezzo alla piazza davanti alla Reggia tutti uno sopra allaltro, chi più chi meno, io ci sono andato pure io. Ci sono andato pecché io volevo dicere a Musullino che non è vero che lui è bello e piacie alle donne e non è vero che lui tiene questi occhi così belli che ti leggono dentro all'anima del cervello. Ci voglio dicere che io alla mia moglia ci voglio bene e non mi piace che lui dice che la moglia deve portare le corna, pecché se la moglia porta le corna vuol dire che il marito è andato con un'altra moglia, e pecciò anche il marito porta le corna.

Tutta la genta era là in mezzo ai campetti davanti alla Reggia.

Però solo le gente vestite nere gridavano "Musullino! Musullino!". Le gente vestite normale se ne stavano per i fatti loro e stevano tutte curiuse che era venuto Musullino, pecché Musullino non era mai venuto a Caserta.

C'erano tutti quelli di Centurano: Francuccio il barbiere e Antonio il salumiero con tutte le mogliere. Solo le mogliere però sembravano contente che veniva Musullino, e si erano vestite con i vestiti belli.

Io me ne sono messo in un angolo vicino al palco scenico. Era pure un angolo da dove sapevo che passava Musullino. Io lo volevo fermare quanno passava pecché ci dovevo parlare.

Per parlarci mi sono copiato il libro di Pitigrilli. Quella frase che fa

La Patria è dove nascesti, dove mangiasti e dove morirai.

e quell'altra che fa

La mia Patria è tra le sue cosce, il mio Destino tra i suoi seni, il mio futuro tra le sue chiappe.

Mi sarebbi avvicinato a Musullino tutto incacchiato, col foglio copiato dentro le mano. Gli avrebbi detto: "Tu, Musullino, leggi qua". I guardi mi pigliassero e io gridassi: "No, Duce, non mi fare riempire di mazzate, io ti devo fare leggere una cosa..."

... E nel mentre io darebbi il foglio di Pitigrilli a Musullino, i guardi mi guardassero dentro all'occhi e io sorrido. E proprio quanno sorrido è quando mi incacchio. Partirebbi come un leone e gli piazzassi un calcio nelle palle. Uno di quei calci che poi lui se li ricorda tutta quanta la vita di quanto campa.

E griderebbi: "Musullino, io non sono una povera bestia! Io sono uno che legge i libbri! Io sono uno che non è andato alla schola ma che si è imparato tutto sopra ai romanzi! Io non sono un fesso che si fa fottere la moglia!".

Perciò io me ne sono annato annanzi a questo palco scenico a aspettare il duce e sono stato là ad aspettare il Duce. Ma il Duce non veniva. Veniva solo la gente: però mica faceva bordello come si sente alla radia: se ne stava zitta zitta e non parlava nemmanco tra di loro. Mia moglia l'avevo lasciata a casa e non l'avevo nemmanco chiusa di dentro. Le avevo diciuto: "Tu faci quello che voi, tanto io poi so come mi devo comportare. Io non ti chiudo di dentro la porta, ma se fai la sguaddrina poi mi stai a sentere a me quello che ti faccio". Mia moglia s'è un po' spaventata pecché mi a visto tutto quanto arraggiato. Quando mi arraggio io faccio paura.

La genta - stevo dicenno - se ne steva accorta a non dicere niente, ma se ne steva puro accorta a non guardare a nessuno. Io per la ratia o sempre sentito che la genta allucca "Duce! Duce!". Allora aggio pensato che non è overo che la gente allucca "Duce! Duce!" e che alla radia mettono i dischi per fare vedere che la gente allucca.

Era passata più di mezora e il panzone senza i capelli ancora non si aveva visto. Io mi stavo quasi rompendo di stare a aspettare il panzone.

I cafoncelli con le camicie nere e coi cappelli neri prendevano un poco di persone e dicevano: "Dovete alluccare!". Così la gente a cominciato a alluccare. E io ò capito pecché tutti nella ratia alluccano "Duce! Duce!".

Quanno quelli neri anno fatto alluccare a un sacco di gente, è arrivato il duce insieme a uno chiatto chiatto più chiatto di lui e uno piccolo piccolo con i baffi.

Io ero propeto vicino a Musullino. Mi a passato a due metri e allora ci o gridato: "Senti, duce!" e lui non mi a manco guardato. E allora io o alluccato ancora più assai: "Duce! Duce!"

E lui mi a guardato, ma pensava che io stavo alluccando "Duce! Duce!" come quelli della ratia e non mi è stato a sentere.

Ci sono andato più vicino e un uomo nero mi a bloccato e mi a preso per le bracce. "Uè!" o diciuto "E che maniere sono cheste! Io a Musullino ci devo dare un foglio che o scritto per lui con le mani mie"

"Sì! Sì! Mò ti ci porto io da Musullino" a diciuto l'omo nero.

Ma mica mi stava portando da lui, mi stava portando da tutta quellaltra parte. O riuscito a cacciare il foglio da dentro alla tasca. L'o dato al fascisto. Il fascisto se l'è preso, l'a guardato e l'a stracciato.

Continuava a strascicarmi in mezzo alla genta e mi pareva che mi voleva portare dentro all'Inferno per sempre, tanto che pareva nu diavolo.

Invece è catuto per terra. Io mica lo capito come a fatto a catere per terra. Poi aggio capito che gli anno miso lo sgambetto.

Il fascisto nero a caduto e io o riconosciuto il barbiere di Centurano che gli saltava ncoppa colle scarpe e alluccava: "Viva il re!"

E poi tutta la genta che alluccava e che scappava, pecché un altro fascisto nero era comparuto e si era incazzato. Aveva alluccato: "Uè! Guagliò!" e aveva infilzato la baionetta del fucile dentro alle spalle del barbiere.

Poi era arrivato il salumiero e col coltello del formaggio aveva tagliato la parte di sotto della testa al fascisto nero che aveva sparato al barbiero.

Io me ne fottevo assai; io volevo parlare con Musullino.

Puro si il fascisto mi aveva stracciato il foglio che mi doveva servire da scusa, mi sono annato a infilare in mezzo alla genta che mò scappava pecché avevano sparato.

O visto Musullino che steva sopra il palco scenico e manco un solo fascista steva vicino al duce. Tutti i fascisti stevano annanno dal barbiero e dal salumiero a riempirli di mazzate, se li trovavano ancora vivi.

Sono sagliuto sopra al palco e nisciuno mi a fermato. Musullino mi a guardato e dentro alli occhi teneva la paura. A pensato: "Mò muoio pecché questo mi sta venendo a scannare". Invece io ci sono andato vicino e ci o fatto il saluto fascisto come piace a lui. E ci o detto:

"Musullì, lo so che tu ai una bellezza di uomo più bella della mia, ma tu alla mia moglia la devi lasciare stare"

Lui mi a prenduto per un braccio e mi a guardato con quell'occhi che tiene. Tieni proprio occhi di pazzo ma mi pare che è puro un poco cecato. Pare che tiene lo sguarto da masculo acchiappatore pecché non ci vede.

"Per l'amor di Dio" a ditto "Portami da n'ata parte... Portami a casa toia. Salvami da questo casino"

Io l'aggio guardato. Io ci vedo bene.

"Vieni co me, Musullino. Ti offro un pocorillo di limongello fatto in casa".

L'o prenduto per le mano e l'o portato appresso a me.

Tuttintorno cera un bordello grosso grosso, ma io lo fatto passare per via dei cavallerizzi e lo portato per i vicoli che conosco io, e dopo nu poco ce ne stevemo tutti e due soli solilli in mezzo alla strata.

O diciuto:

"Musullino, io sono molto contento che tu mi ai fatto lonore di venire insieme a me alla casa mia, pecchè io mai sono stato così contento di fare l'amicizia con una perzona importante che comanda a tutte le perzone. Ti faccio bere tutto il limongello che teniamo dentro alla casa". Lui manco parlava. Se ne steva zitto zitto come a un cano vattuto. Se ne steva dinto al capputtone tutto come se tenesse friddo.

Siamo trasuti nel portone della casa. O aperto con il chiavone grande e Musullino a guartato il chiavone e sicura mente a penzato:

"Ma che chiavone grande che tieni".

Dentro al purtone o chiamato la mia moglia: "Rosa! Rosa! Vieni a vedere chi t'aggio portato! N'amico mio che o canosciuto in mezzo alla piazza".

Ma Rosa non a risponnuto nemmanco zitta zitta. Allora o capito che se n'era annata puro essa a sentere Musullino che parlava in mezzo alla piazza.

Che fessaria! Se n'era annata in mezzo a tutto quello casino e manco sapeva che Musullino veniva dentro alla casa mia come se fosse n'amico.

"Siedi dentro alla sedia buona" o detto a Musullino che manco allora steva dicenno nemmanco una parola. Gli o preso la sedia meno scassata e lui si a seduto sopra tranquillo tranquillo.

Poi mi a guardato con quell'occhi cecati e mi a detto:

"Camerato, tu oggi ai fatto pell'Italia una granta cosa. Ai salvato la vita del duce che è una perzona importante e mica è como salvare un cano nei reggi lagni"

Io o riduto come una perzona cuntenta e gli o prenduto il limongello e due bicchierini per farlo bere al duce di tutti l'italiani.

Il duce a prenduto il limongello e se lè bevuto tutto quanto.

Gli piaceva assai e a detto che lui non lo aveva mai bevuto pecché lui era uno del nord e non canosceva i beri della bassitalia.

Gli a piaciato proprio assai. Più glielo mettevo dentral bicchiere e più se lo beveva. Ci siamo fernuti la prima butteglia e abbiamo cominciato a berci la seconda.

Mentre bevevemo, Musullino mi raccontava della figlia che faceva la capembrella e teneva un sacco di uommini che le facevano la pusteggia ma lei non voleva a nessuno. Steva assai prioccopato per chella ragaza.

Io gli o diciuto:

"Musullino, tu mi parevi una perzona che si vuole fare tutte le femmine: invece tu ai li figli e li vuoi bene. Io oro scrivo e leggo pecché tu ai fatto leggere e scrivere le perzone, e pecciò ti voio bene. Pecché tu mi ai fatto leggere Pitigrilli".

Musullino parlava sempre lui e mica steva a sentere chello che dicevo io. Parlava e beveva e si era già fernuto la seconda butteglia di limongello.

Allora sono andato a pigliare la butteglia del vino spumantino sotto alla cantina. Gli o detto: "Musullino, tu non te ne andare pecchè io scenno nella cantina”.

Però lo sapevo che non se ne poteva annare: steva troppo imbriaco.

Quanno sono ascito e stevo scennenno nella cantina, o veduto

mia moglia che traseva nella porta con la chiava sua.

Mi a diciuto: "Dove stai annanno, non lo saio che è succieso in miezzo alla piazza? Anno sparato a Musullino e Musullino non si sa nemmanco che fine a faciuto".

"Zitta! Zitta!" le o diciuto "Musullino sta al tavolo nostro e si è imbriacato con le butteglie di limongello"

A fatto la faccia ianca e non ci voleva cretere. E io o diciuto:

"Vai nella cucina se non ci creti e dici che sei la mia moglia. Musullino non è un omo di niente: ci aggio parlato e aggio veduto che non tiene sempre le femmine dentralla testa, ma penza puro alli figli"

Sono scennuto dentralla cantina e mia moglia è antata nella cucina a vetere se ci steva Musullino.

Mentre scennevo nella cantina, sono pure caruto. Mi sono fatto un poco male, ma non propio assai male. Però i bracci e i gambi si sono tutti scortacchiati.

Quanno alla fine sono riusciuto a sagliere sopra alla casa con la butteglia del vino spumantino, sono entrato dentralla cucina e mia moglia e Musullino se nerano annati.

Allora o diciuto:

"Musullino! Musullino!"

Ma nessuno a risponnuto.

Allora sono annato a vedere fuori al cortille dentral bagno se steva l'à dentro a cacciare chello che aveva bivuto. Ma Musullino non ciera dentral bagno.

O cercato pella casa tutta quanta e non ciera e non ciera nemmanco Rosa, puro se io alluccavo:

"Rosa! Rosa!".

Poi o veduto la porta della cammera da letto che steva chiusa, ma io la lascio sempre apruta. Ci sono annato vicino e la volevo aprere, ma chella steva chiusa a chiave.

Aggio capito che steva succedenno e mi sono incacchiato di tutti li colori della cobaleno. O apruto la porta per ascire fora e o corruto nella strata. O corruto pecché volevo vedere che fine aveva fatto il salumiero.

Ci volevo dire una cosa

domenica 8 gennaio 2017

I DUE ASPIRANTI SCRITTORI (tragedia in due battute)

Personaggi: il primo aspirante scrittore, il secondo aspirante scrittore

La scena rappresenta l'anticamera della N. C. editore

PRIMO ASPIRANTE SCRITTORE: Tu daresti il culo per il successo.
SECONDO ASPIRANTE SCRITTORE: No, il culo solo per soldi.
(SIPARIO)


venerdì 11 novembre 2016

MA DAI! ANCHE TU!

- Ho scritto un libro.
- Ma dai! Anche tu!
- Non mi chiedi di che parla?
- Di che parla? No, perché non vorrei che tu mi prendessi per uno che te lo può fare pubblicare...
- Di che deve parlare? È un romanzo. Di che parla un romanzo? Racconta una storia.
- E il tuo? No... Non posso saperlo, perché poi mi chiedi di leggerlo... Io non ho il tempo per leggerlo. Hai provato a inviarlo al Calvino?
- Il mio parla di un editor di una casa editrice che non legge i romanzi inediti. Uno che non fa che catalogare quello che gli agenti gli mandano. Una specie di Mirkoro dell'editoria, che fa soltanto un lavoro da manager e da marketingaro.
- Bello! Il Calvino è scaduto, ma puoi provare al Premio Nerofondo.
- È un premio serio?
- Io sono in giuria, ma mi arriva già una scrematura... Non so come venga fatta la scrematura, ad essere sincero. Però ci sono trentamila euro in palio per il vincitore. 
- Cavoli! Comunque vuoi leggerlo il mio romanzo?
- Come si intitola? No, dai, ma se mi dici il titolo poi mi chiedi di leggerlo e io non ho il tempo... Hai provato al premio Fondelli? È un premio letterario indetto per il centenario della casa editrice Fondelli.
- No. Ma mi sembra che sia scaduto. Scusa, tu lavori per una casa editrice e fai l'editor. Sei molto pratico nel tuo lavoro e se il mio romanzo fa schifo te ne accorgi in mezz'ora, senza doverlo leggere tutto.
- Ma se poi non fa schifo però non rientra nel catalogo dell'editore? È anche una questione di pelle, di feeling. Non me lo posso permettere.
- Senti...
- Dimmi...
- Ho anche le lettere d'amore che ho scritto a 12 anni alla mia prima ragazza.
- Mmmmmmmm... Quanti caratteri?
- Circa centocinquantamila... Le ho scritte al computer e ne è venuto fuori un romanzo epistolare. Certo ci sono gli errori di sintassi e di ortografia,... e insomma non è che sia una grande storia... La mia prima ragazza mi tradiva con un francese e al massimo c'è qualche insulto...
- Mandamelo, dai. Ci dò un'occhiata.
- Grazie!
- Ti faccio sapere mercoledì...

venerdì 4 novembre 2016

Una telefonata

- Sono Gino Laspilla dell'Agenzia Letteraria Destino Scrittorio, lei è Giovanni Vescovi?
- Ma davvero? Gerardo sei tu? Mi prendi per il culo?
- Sono Gino Laspilla. Abbiamo terminato la lettura del suo romanzo IL BUCO DEL CULO e abbiamo voluto chiamarla direttamente. Il suo romanzo ci ha totalmente sconvolti e pensiamo che possa essere un grande successo. Vorremmo rappresentarla.
- Gera', finiscila!
- La sua opera è davvero grande, e sa perché? Perché lei non si confronta con nessuno. Non ha predecessori. Lei è una pietra miliare. Lei sta costituendo una nuova letteratura.
- Gerardo!
- L'ho letto io e l'ha letto il mio collaboratore, Piero Frangese. Entrambi conveniamo che il suo sarà un libro di successo. Magari il titolo è un po' forte e bisogna valutare se mantenerlo o meno, ma il contenuto è assolutamente dirompente... Noi vogliamo rappresentarla!
- Ma davvero è Destino Scrittorio?
- Lei ci ha inviato il suo testo via email, in odt. Il romanzo è di 43 capitoli e un prologo. Il personaggio principale è Dario Speranza, un calciatore omosessuale. Lo abbiamo letto, si fidi! Ed è bellissimo!
- Ma davvero mi volete rappresentare? Sono commosso...
- Le manderemo il contratto di rappresentanza al più presto, ma vorremmo prima di tutto che lei fosse presente qui in sede domani alle quattro. A quell'ora incontriamo l'editor per la narrativa italiana della casa editrice di Segrate... Potrebbe essere l'occasione per stringere i tempi...
- A che ora?
- Presso la nostra sede alle quattro. Le sedici, per essere precisi.
- Cavoli cavoli cavoli! Ci sarò senz'altro... Ma che bello! Non ci credo... Dopo tanta gavetta...
(Una pausa)
- Un'ultima cosa, signor Vescovi.
- Dica.
- So' Gerardo, strunz'!

giovedì 3 novembre 2016

Dovresti rivedere il tuo romanzo

- Tu dovresti rivedere il tuo romanzo
- Ma se ho firmato per 20 anni con un editore.
- Sì, ma dovresti rivederlo. Potrebbe diventare un libro importante.
- Tra 20 anni?
- Se lo aggiusti, magari lo vendiamo.
- Quando?
- Se lo aggiusti, magari lo rivendiamo.
- Volete rivenderlo?
- Così com'è no: dovresti aggiustarlo.
- E se poi non lo rivendete?
- Ma tu aggiustalo. Non volevi scrivere un libro importante?
- Il prossimo, magari. Mica sono Manzoni.
- Che c'entra se Manzoni ha riscritto I MALAVOGLIA per 40 anni? Tu puoi semplicemente editare il tuo libro e renderlo più fluido!

lunedì 24 ottobre 2016

Ho scrivuto un libbro

- Ho scrivuto un libbro.
- Ma dai.
- Ho pubblicato con Mondadori.
- Ma dai!!!
- Mi hanno recenzito sulla Repubblica. Una recenzione entusiasda.
- Ma dai!!!
- Lunedì presendo il libbro in cendro.
- Ma dai!
- Perché dici sempre "Ma dai"?
(interviene una terza persona)
- Mi scusi ma il signore è sordo...
- Ma dai! E io sono un fregnacciaro!

Idee per un romanzo rosa

1) due che si odiano e poi si amano
2) due che si odiano tantissimo e poi si amano tantissimo
3) uno che non caga una e poi la caga
4) uno che non caga una nemmeno di striscio e poi se ne innamora perdutamente
5)  due che si amano, poi si odiano e poi si amano
6) due sfigati che si odiano per le difficoltà e poi si amano nonostante le difficoltà
7) uno che non caga una, poi la caga ma lei non caga lui, poi si odiano e poi si amano

Il sesto e il settimo sono forse troppo complessi e adatti solo a un target di lettrici senza PCI (Paralisi Cerebrale Infantile)

Per ultima, aggiungerei la variante 8: il massimo della complessità

8) uno che non caga una, poi la caga ma lei non caga lui, poi si odiano e poi si amano, ma lui scopre di essere gay e lei si fa suora di clausura